Cuore di Cobra. Confessioni di un ciclista pericoloso – Riccardo Riccò e Dario Ricci – PIEMME – Pag. 238 – Euro 17.90.
Un giornalista dalla gran barba, penna fine, lingua scaltra e forchetta da competizione oltre che l’occhio esperto sulle capacità e qualità dei ciclisti, aveva cercato di dissuaderlo dal scegliersi come soprannome “Cobra”. Appariva infido e acido, da far paura anche a se stesso. Propose “Furetto” ma non ci fu niente da fare, neppure “Furetto di Formigine” proposto da Leonardo Piepoli, il fedele scudiero, andava bene. Riccardo Riccò, giovane promessa di Formigine, nel modenese, il ciclismo lo ha nel sangue, come le qualità e la spavalderia di un D’Artagnan, la cui spada è formata da due ruote. Papà Rubino, commerciante di mobili antichi, voleva un figlio sportivo, lontano dalle tentazioni negative. Nuoto per tanti anni, uno alla Popov, agile e scattante sul breve, karate e tennis. Ma il cuore del padre pulsava per la bici, l’amore degli anni verdi il ricordo d’essere stato un buon dilettante. Passione da trasmettere a Riccardo. Passione che il figlio raccoglie. Anche a scapito della scuola. Fin qui tutto normale, migliaia di ragazzi lo fanno, quasi tutti lasciano, qualcuno la spunta. Come Riccardo, un campione potenziale, che aveva capito tutto, forse troppo. Che avesse qualità nessuno ne dubitava. Fin da dilettante faceva la differenza, era il cocco di famiglia, degli amici del bar, lui era sfacciato e provocatore, ma anche vincitore al vertice delle categorie. Addirittura campione italiano. Poi il professionismo e le vittorie importanti, in patria e in Europa. Ma dietro quella gloria si nasconde il virus della droga, che Riccardo non si nega mai. Compagna folle di una vita spericolata. Vince tanto col trucco, ma inciampa nell’errore una prima volta, poi una seconda in modo drammatico, rischiando la vita. Perché? “Non c’è un perché, ma solo una scelta. Folle e senza appello”. Lo condannano facendolo scendere dalla bici fino al 2024. L’ergastolo o quasi. Oggi gestisce una gelateria a Tenerife, e ha segnato con un circolino una data: 19 aprile 2024. Quel giorno inforcherà la bici e tornerà a pedalare in modo ufficiale. A 40 anni. Nel segno di una coerenza che Marco Pastonesi, una penna magica del ciclismo e non solo, ha descritto alla perfezione: “Riccò è Riccò. Maledetto. Diabolico, irriducibile. Dipendente da sfide e lotte. Meglio un anno da Riccò che cento anni, da uno, nessuno e centomila”. Accanto c’è Dario Ricci, l’autore di questa storia, che è tutto fuori che facile. Ma anche stuzzicante e imperdibile.
(Giuliano Orlando)