Quando la boxe diventa arte nobile, la storia del “meraviglioso” mancino americano.
Andrea Bacci – Sei anni, sei mesi, dieci giorni – Ultra Sport – Pag. 176 – Euro 16.00.

Il personaggio è straordinario, la sua storia altrettanto coinvolgente. Parliamo di Marvin Hagler il mancino che negli anni ’80 fu l’assoluto protagonista nei pesi medi, disputando sfide indimenticabili. L’autore nel segno della correttezza, specifica di aver raccolto tra articoli e libri tutto il materiale che compone il lavoro. Ragion per cui si tratta di un assemblaggio di fatti ed eventi risaputi, che stemperano la novità e la personalizzazione di una storia, altrimenti emozionante. Hagler è talmente campione che travalica ogni barriera, di pelle e di classifica. Nella sua carriera non si è mai tirato indietro e sul piano dello spettacolo può pretendere di essere ai vertici assoluti. Muove i primi passi sotto la guida dei fratelli Guerino e Pasquale Petronelli, origini calabresi, che tengono una piccola palestra a Brockton, nel Massachusetts, la città che ha dato i natali a Rocky Marciano. Dopo l’esperienza in maglietta, percorsa con ottimo profitto, compie il grande salto, ma incontra gli ostacoli tipici di chi non essendo nel grande giro, fatica e non poco ad imporre il proprio talento. Vince molto, anche se paga il fattore ring delle trasferte, con qualche verdetto avverso. Battuto da Willie Monroe e Bobby Watts, contro i quali si prenderà clamorose rivincite. E’ la strada obbligatoria dei tanti test per arrivare nelle zone alte delle classifiche di sigla. Inizialmente snobbato, trova la pista del decollo anche grazie a Rodolfo Sabbatini, l’organizzatore romano, che ha rapporti in tutto il mondo, facendosi apprezzare e rispettare. Per questo nel record di Hagler figurano Montecarlo e Sanremo, oltre a Londra (Wembley) dove andò a punire l’inglese Minter nel 1980. Il lavoro racconta attraverso le cronache le sfide con Briscoe, Seales, Antuofermo, Obelmejias, Hamsho, Sibson, Duran, Roldan, Mugabi fino a Sugar Leonard, la cui sconfitta per SD, non l’ha mai accettata (personalmente sono della stessa opinione), chiudendo la carriera a dispetto dei soliti “esperti” che sostenevano si trattasse di un verdetto pilotato, per assicurarsi la rivincita.

Giuliano Orlando

Di Alfredo