Il mito che ha incantato platee di tutto il mondo, restando uno de “I ragazzi della via Gluck”.
Luigi Panella – Colonnello Ferenc leggenda di Puskas – Ultra Sport – Pag. 190 – Euro 16.00
Nasci col bernoccolo del calcio e il destino ha già deciso che diventerai un mito a dispetto della storia e degli eventi, che tracceranno il tuo percorso, puoi scrivere un nome sicuro: Ferenc Puskas, il “Colonnello” che al pari di Ulisse, ritrova la sua Itaca, dopo aver girato il mondo. La sua Ungheria, che forzatamente aveva lasciato, vittima di quel morbo che è la Guerra e le sue conseguenze, gli è rimasta sempre nel cuore e lo accoglierà nel suo nido, per l’ultimo riposo. Negli anni immediatamente dopo la guerra, Puskas nato nel 1927, è uno dei tanti ragazzini che tirano calci ad un pallone. Ha talento e trova posto nella Kispest allenata dal padre, siamo negli anni ’50, l’Ungheria fa parte del blocco comunista e lo sport è uno dei veicoli che servono a dare lustro al regime. Infatti la Kispest, una realtà del calcio ungherese con talenti eccezionale, diventa Ferenc (soldato) e con lei decolla anche la nazionale. Puskas che non è un colosso (1.72), ha già le stimmate del fuoriclasse. L’Ungheria illustra calcio in Europa, infligge una storica sconfitta agli inglesi, i maestri de calcio, sconfitti allo stadio di Wembley 6-3, con i magiari che danno spettacolo. Vincono alla grande gli europei, ma perdono clamorosamente i mondiali del 1954, tra la costernazione di un’intera nazione. L’autore parla di destino e sfortuna. La verità è che quella Germania Ovest giocò sporco: la squadra era dopata. Tanto che mesi dopo i giocatori ebbero problemi di natura epatica. Quella disfatta segna anche il nuovo destino di Puskas e dei giocatori della Honved, dove giocava l’ossatura della nazionale. La squadra si sfalda e il partito comunista li definisce disertori. Una bugia per nascondere una sconfitta, che avrà altre vittime sportive illustri, da Laszlo Papp il campione del ring a Emile Zatopek, l’uomo che seppe vincere tre ori olimpici e il regime lo mandò a lavorare in miniera. Puskas inizialmente approda a Roma, ma cavilli burocratici gli impediscono di giocare in Italia. Sceglie la Spagna, dove troverà con Di Stefano nel Real Madrid gloria e guadagni, a fine carriera passa al ruolo di allenatore, bravo ma lontano dal valore come calciatore. La fiammata in Grecia dove sfiora col Panathinaikos la Coppa dei Campioni, battuto in finale dall’Ajax del grande Crujff. Nel ruolo di tecnico arriva fino in Australia per guidare i giovani, poi l’Ulisse del calcio, torna a casa. Si spegne nel 2006 a 79 anni. Ma l’ultimo viaggio non sarà un addio. Troppo grande la sua classe per essere ricoperta dalla polvere del tempo.
Giuliano Orlando