patrizio-oliva.jpgIn via Sarinola, traversa della centralissima via Vitruvio a Formia, campeggia la scritta “Il Sole Marino”, un ristorante con piano bar, nuovo regno di Patrizio Oliva. L’atmosfera è allegra, l’ideale per una serata spensierata dove la boxe trova spazio solo attraverso la nostra intervista in una sorta di corsa ad ostacoli: “In tutta la tua carriera di pugile qual è stato l’avversario più difficile?”. La risposta arriva veloce come un flash: “Sicuramente l’argentino Sacco, quando conquistai il mondiale. Io, che avevo condotto un allenamento duro, dopo la 12ma ripresa stavo morendo. Quello invece era una macchina che non si fermava mai, persino negli spogliatoi dopo il match”.
Il ristorante nel frattempo esaurisce i posti liberi, Patrizio è un perfetto anfitrione, i cibi, sfiziosi e abbondanti, vengono serviti con piatti e posate adatti secondo le regole di un raffinato bon ton.

Per un uomo dalla vita poliedrica quali cose, al di fuori della boxe, gli hanno dato più soddisfazione?“La mia vita ha camminato parallela alla boxe” risponde deciso “Io vengo da un quartiere popolare. Eravamo sette figli, con le difficoltà che ciò comportava. Mi sono realizzato nella vita perché mi sono realizzato nella boxe. Non ho sogni nel cassetto, perché se guardo indietro e mi ricordo da dove vengo, cosa devo sognare di più ?”.

Vogliamo parlare di Oliva attore e cantante ? “Se dovesse esistere un’altra vita farei senz’altro il cantante. Era il mio desiderio da bambino. Non avendo le possibilità mi sono trovato a fare il pugile, perché mio fratello era un pugile”. La boxe regna comunque sovrana nel suo DNA: “Potrà sembrare strano ma non ho fatto la boxe per soldi. L’ho fatta perché mi gratificava, mi riempiva d’orgoglio battermi per un titolo e vincere. Da allenatore ho interpretato questo sport con razionalità, come se fosse la mia Bibbia. Tutto quello che ho imparato e assimilato riesco a trasmetterlo ai ragazzi”. La boxe non è solo tecnica ma è anche insegnamento di vita: “Bisogna far capire alla gente che questo non è uno sport pericoloso, che è uno sport che può essere praticato da tutti. Chi fa il pugilato violenta il suo modo di essere. Nella vita di tutti giorni i pugili sono tutti bravi ragazzi, perché sono consapevoli che le mani diventano due armi, sanno autogestirsi. E’ uno sport educativo che ti dà autostima”.

Quando saliva sul ring, cosa provava Patrizio Oliva? “Avevo un block notes impresso nel cervello e quando stavo all’angolo facevo l’elenco di tutto ciò di cui mi ero privato, dell’allenamento a cui mi ero sottoposto. Arrivava l’avversario e voleva vincere? Aveva sbagliato persona. Oppure da professionista, dovendo comprare casa, mi domandavo come facevo se perdevo. Io non avevo paura dell’avversario ma di perdere quello che stavo costruendo”. Quello che abbiamo davanti sembra un Patrizio confidenziale in un’atmosfera vellutata e questo ci dà coraggio per provare ciò che, in altri tempi, sarebbe stato considerato un affondo: la fine dell’imbattibilità, la perdita del titolo mondiale in un’incredibile similitudine con un altro grande campione come Nino Benvenuti, suo idolo dichiarato. Un argentino sconosciuto viene in Italia, quasi come vittima, e distrugge invece un mito. “Non ero più io. Avevo detto a Rocco Agostino di voler chiudere. Ma lui era in trattative per un miliardo di dollari per farmi combattere in America contro Hector Camacho. Non potevo rifiutarmi, dopo avrei chiuso. Gli organizzatori visionarono le cassette dei miei combattimenti e dichiararono che il mio stile era simile a quello del portoricano. Avevano paura che non sarebbe stato un bel match. Saltò anche la difesa con Harold Brazier e, alla fine, mi fu proposto Juan Manuel Coggi. Ero mentalmente fuori e feci quel match solo come un impegno preso. In genere prima dei match ero sempre molto teso, quella volta invece mi addormentai nello spogliatoio. Nelle prime due riprese l’argentino mi appariva timoroso e decisi di fargli prendere un po’ di confidenza. Nel terzo round l’unica cosa che ricordo è di aver preso uno scossone elettrico e di essermi ritrovato per terra. La mia consolazione di quella sconfitta fu che quel pugile sconosciuto rimase campione per nove anni”.

Come dessert “la foresta nera” ma la serata continua con un Gigi D’Alessio versione Oliva.

di Alfredo Bruno

7 pensiero su “Patrizio Oliva, un campione fuori e dentro il ring.”
  1. Un grandissimo pugile, intelligentissimo; come allenatore di fragomeni incredibile (ho ascoltato i suoi consigli dall’angolo: sarebbero stati da registrare e far ascoltare a tutti gli allenatori)

  2. ho visto combattere Patrizio dal vivo solo una
    volta.Quando conquistò il titolo WBA contro
    Sacco.L’argentino mi aveva fatto un’ottima
    impressione quando divenne campione contro
    Hatcer;ma non potè ripetersi con Patrizio
    perchè oltre che ad essere meglio allenato era
    anche molto più attrezzato tecnicamente.

  3. Sei stato un grandissimo puglile e sei un grande uomo non ti ricordi di me son Umberto vecchio massaggaitore Tantissimo Auguri ti ricordo sempre nella preghiera

  4. RISPONDO A MARIO, VISTO CHE AL..”CAMPIONE” MANCO M’INTERESSA.
    IL PUGILATO DI OGGI POTREBBE ESSERE CONGENIALE AL TUO CAMPIONE IN QUANTO PORTAVA SOLO, DICO SOLO I COLPI DRITTI, CHE NON GLI HA CERTAMENTE INSEGNATO D’ALESSANDRO, MA INFORMATI MEGLIO SUL SUO VERO MAESTRO…E SOPRATTUTTO NON NOMINARE PIU’ QUEL NOME DIVINO, MA ORMAI PASSATO COL SUO CONDOTTIERO CHE NON C’E’ PIU’ MA CHE NOI NOSTALGICI RICORDIAMO CON AMORE FULGOR. COR ‘NGRAT

  5. ogni epoca ha i suoi campioni, anche a me piacevano molto i campioni da Patrizio Oliva per andare a ritroso fino a Tiberio Mitri, che io seguivo nonostante ero un ragazzino di 11 anni. Bisogna adeguarsi ad esigenze di sicurezza, che indubbiamente hanno fatto passi da gigante. Che ci sia una standardizzazione dei colpi e del modo di combattere, manca la qualità e soprattutto la fantasia.

  6. IN ITALIA, DOPO PATRIZIO, NON SI SONO PIU’ VISTI PUGILI CON LE SUE RAFFINATISSIME QUALITA’ TECNICHE. QST è IL SEGNO CHE ANCHE IL PUGILATO STA MUTANDO (IN PEGGIO), POICHé SI TENDE ORMAI AD ESPRIMERE UNA BOXE “STANDARDIZZATA” COSTITUITA SOLO DA COLPI DRITTI, PER NON PARLARE DEI SOPRUSI ARBITRALI CHE SONO IN GRADO DI DETERMINARE LA SCONFITTA AI PUNTI O PEGGIO PER SQUALIFICA DI UN PUGILE CHE INVECE NE MERITA LA VITTORIA. TUTTO CIò NON FA ONORE A QUELLA CHE UN TEMPO SI CHIAMAVA NOBILE ARTE E CHE INVECE ORA SEMBRA PIù UN ESIBIZIONE FRA FEMMINUCCE. IO AMO E CONTINUERò SEMPRE A SOSTENERE LA BOXE “VECCHIA SCUOLA” QUELLA CHE MI HA INSEGNATO IL MAESTRO ANTONIO D’ALESSANDRO, CHE GUARDACASO L’HA INSEGNATA ANCHE A PATRIZIO OLIVA, E CHI NON è D’ACCORDO CON ME PROVASSE ALLORA A DOCUMENTARSI CON I VECCHI FILMATI DEI CAMPIONI DEL PASSATO, NOTERà UNA BELLA DIFFERENZA(SE S’INTENDE DI BOXE). CON QUESTO VOLEVO SOLO DIRE LA MIA. UN GRANDE SALUTO ALLA FULGOR, CON AFFETTO MARIO ’82

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